Biglietti Partenope Eterna, Chiesa Santa Caterina Da Siena, Napoli - HappyTicket

Biglietti Partenope Eterna

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Domenica 28 aprile, alle ore 18, presso la Chiesa Santa Caterina Da Siena (via Santa Caterina da Siena, 38), nell'ambito della stagione musicale della Fondazione Pietà de' Turchini è in programma Partenope Eterna con il soprano Naomi Rivieccio, i Talenti Vulcanici, alla direzione e al clavicembalo  Stefano Demicheli.

Note di sala Tra Sei e Settecento il repertorio cantatistico assume un ruolo preminente in un circuito privato, affollato di dilettanti virtuosi e artisti mercenari chiamati ad allietare conversazioni e trattenimenti, assai esigente. Non c’è catalogo musicale che non annoveri un cospicuo numero di cantate destinate ad allietare riunioni feriali e festive nonché dedicate a protettori munifici e potenti

Il divertimento reservato metteva a dura prova gli artigiani chiamati a ottemperare alle richieste del mercato per cui emerge, a un primo approccio al genere, una fattura seriale del prodotto. Se le istanze formali istruiscono su una disciplinata successione di recitativi (R) e arie (A), organizzati in standardizzati organigrammi facenti capo a RARA e ARA, è pur vero che molti artefici di queste pagine intervengono scompaginando i “palinsesti” operando autonomamente scelte strutturali assai ardite

Il tema “napoletano” adottato da Alessandro Scarlatti non è insolito nella letteratura delle cantate che si affidano a filoni narrativi ben circoscritti. Le immagini di pastori e sirene che affollano le acque marine e fluviali della città “musicale” si rincorrono in un alto numero di pagine in cui c’è un abuso di immagini e occorrenze poetiche retoriche. Il magistero dei musicisti sta proprio nel declinare, con virtuosismo musicale, questo “baule” di figure topiche ravvivandole di volta in volta ricreando percorsi sonori di grande fascino

Il compositore palermitano, disciplinatamente, si affida nelle cantate Or che su legno aurato e Là dove a Mergellina, alla formula consolidata, sia nel suo assetto archetipico (RARA) che florido (RARARA). Nella condotta vocale riesce a lumeggiare, da suo pari, le belle atmosfere marine evocate dal testo che con grande perizia fa sfumare in “affettivi” stati d’animo. Le pulsioni umane sono disegnate tra retorici moduli e inediti gesti sonori confezionati per scuotere le menti degli ascoltatori in un sofisticato gioco di “sorprese” accolte in uno “scenario” solo apparentemente “prevedibile”. Le belle arie tripartite lasciavano poi l’agio all’esecutore di declinare e accentuare, con quell’arte “improvvisativa” disciplinatissima e regolatissima, le intenzioni espressive con ardimentosi passaggi melismatici se non, addirittura, ri-formulando l’architettura prestabilita abbandonandosi, in tal modo, a ri-scrivere, senza tradimento alcuno, le idee dell’autore

Vere e proprie microdrammaturgie sono allestite con finalità cinetiche e prossemiche affinché i dilettanti e i professionisti possano ammaliare, attraverso la loro sapienza attoriale – elemento imprescindibile per la scena musicale a quest’altezza cronologica –, gli spettatori, vulnerabili alle sollecitazioni “affettive” e attenti a cogliere le mille finezze. Francesco Mancini distilla con acume trovate “drammatiche” di grande maestria, attraverso un processo di sottrazione evoca, all’interno dei recitativi della cantata Là dove il bel Sebeto, un’aura che conduce a un “recitar cantando” vetusto e pur rinnovato negli intenti. Questa memoria si manifesta in alcuni artifizi, emblematico è il moto ascendente per sottolineare il «pianeta maggior», che recuperano l’uso di efficaci “madrigalismi” descrittivi. In questo caso il narratore della storia riporta le parole dell’innamorato pastore Tirsi per la bella Irene aggrappandosi a un canto “antico” e moderno all’istesso tempo

Sempre alla pratica “domestica” ordinaria appartengono le pagine strumentali che cadenzano i momenti vocali, l’aristocrazia coltivava con sollecitudine la propria formazione musicale e si dilettava nel toccare i più svariati strumenti in occasione di conversazioni o accademie. Le sonate di Domenico Scarlatti destinate allo “svago” di Maria Barbara di Braganza sono un bell’esempio di questo esercizio “ozioso” consumato tra le pareti dei propri appartamenti privati e l’arte della trascrizione, in quest’occasione firmata dal liutista Francione, riconduce a quella tecnica di apprendimento ampiamente diffusa in età moderna per acquisire dimestichezza con certe strutture compositive altamente richieste dal mercato oppure di fruire di un certo repertorio adattandolo al proprio strumento

Francesco Paolo Supriani formatosi presso il Conservatorio di Santa Maria della Pietà de’ Turchini è stato tra i maggiori violoncellisti del primo Settecento attivo, tra l’altro, nelle cappelle reali di Napoli e Barcellona. È autore del trattato Principij da imparare a suonare il violoncello e con 12 toccate a solo, il cui manoscritto è custodito presso la Biblioteca del Conservatorio San Pietro a Majella di Napoli, che si rivolge, senz’ombra di dubbio, a quel milieu di nobili dediti allo studio dello strumento, tra i quali si ricordano Marzio Carafa duca di Maddaloni e il marchese Ottavio de Simone

Napoli ancora una volta riesce a salire in scena in una visione che la rende fascinosa e ne consolida, nell’immaginario settecentesco, il rango di città musicalissima: «cours, vol à Naples écouter les chefs-d’œuvre de Leo, de Durante, de Jommelli, de Pergolèse! Si tes yeux s’emplissent de larmes, si tu sens ton cœur palpiter, si des tressaillemens t’agitent, si l’oppression te suffoque dans tes transports, prend le Métastase & travaille» (J.-J. Rousseau). Paologiovanni Maione

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Chiesa Santa Caterina Da Siena

via Santa Caterina da Siena, 38

Napoli

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